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Design Icon: Gio Ponti

Con una carriera di oltre sessant'anni, Gio Ponti può essere considerato lo sviluppatore dell'architettura moderna e del design industriale moderno in Italia, con un approccio diversificato che spazia dall'architettura al design industriale, dall'arte all'editoria. La sua creatività illimitata è ancora oggi fonte di ispirazione per molti designer in tutto il mondo.

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Giovanni "Gio" Ponti nasce a Milano nel 1891 e si iscrive al corso di Architettura del prestigioso Politecnico di Milano, ma rimanda gli studi a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Dopo aver svolto con successo il servizio militare, Gio Ponti torna all'università e si laurea in Architettura nel 1921. Nel corso della sua decennale carriera, si cimentò ed eccelse sia in progetti di architettura che di product design, sempre all'avanguardia e con approcci innovativi in entrambi i campi.

Fino al 1938 ha collaborato con il rinomato marchio di ceramiche Richard Ginori, trasformandone il processo produttivo e sperimentando una varietà di materiali e concetti. Questo primo lavoro nel settore del design industriale servì da trampolino di lancio per ulteriori lavori nel campo durante tutta la carriera di Ponti, e contribuì allo sviluppo della sua visione dell'inevitabile interdipendenza tra design e industria. Con Richard Ginori, partecipa all'Esposizione Internazionale delle Arti Decorative e Industriali Moderne di Parigi, dove gli viene offerta l'opportunità di ottenere la sua prima commissione architettonica all'estero, appena fuori città.

Nel frattempo, nel 1923 entra in società con gli architetti Emilio Lancia e Mino Fiocchi, culminando nella fondazione, nel 1927, dello "Studio Ponti e Lancia PL". Questi primi anni della sua carriera, sia come designer di prodotti che come architetto, furono fortemente influenzati dal movimento neoclassico "Novecento Italiano" che stava fiorendo a Milano.

Nel 1928, a testimonianza della sua incessante creatività e del suo bisogno di costante innovazione, Gio Ponti fonda insieme a Gianni Mezzocchi la rivista Domus, una delle più importanti riviste al mondo nel campo dell'architettura e dell'interior design, pubblicata ancora oggi.

Negozio Gio Ponti

Gli anni Trenta sono stati anni di intensa produttività per Ponti come architetto, dove il suo approccio si è spostato verso il razionalismo e il modernismo e l'uso di materiali e tecnologie contemporanee nei suoi progetti. Le opere più rilevanti di questo periodo sono le dieci case progettate a Milano, prima per la sua famiglia e poi per clienti diversi, note come "Case Ponti" o "Case Tipiche". La villa di via Randaccio, frutto ancora una volta del sodalizio con Emilio Lancia, fu concepita negli ambienti culturali milanesi, incentrata su una dimensione umanistica con molti elementi neoclassici come i tipici dentelli e le trabeazioni. Inoltre, curò la progettazione degli interni, rafforzando la sua passione per il product design e costruendo ulteriormente la sua visione dei componenti industriali. Le case sono ancora oggi considerate tra i migliori esempi di architettura milanese.

Il suo primo approccio all'urbanistica avviene con la costruzione della Torre Littoria (oggi Torre Branca) e successivamente con gli edifici per uffici del gruppo Montecatini, dove Ponti è in grado di concepire i suoi primi progetti su larga scala, dalle fondamenta ai dettagli interni, riflettendo la sua visione avanguardistica e innovativa. Da questo momento, il suo coinvolgimento in progetti simili, come l'espansione del campus universitario di Roma e l'Università di Padova, è stato costante fino alla fine della sua carriera.

Intorno al 1933, Ponti chiude il suo rapporto con la Lancia e si unisce a due ingegneri per formare lo Studio Ponti-Fornaroli-Soncini, lanciando una seconda rivista chiamata "Stile" e iniziando a dimostrare un forte interesse per le arti decorative. Avventurandosi in una serie di progetti collaterali come la pittura e la scenografia, inizia a disegnare scenografie e costumi per il teatro e l'opera, tra cui Pulcinella di Igor Stravinskij per il Teatro Triennale nel 1940 e lavora all'adattamento cinematografico di Enrico IV di Luigi Pirandello per Louis Jouvet e Anton Giulio Bragagli.

A cavallo degli anni Quaranta e fino alla Seconda Guerra Mondiale, Ponti espande continuamente la sua attività architettonica in tutta Italia con la costruzione della Clinica Columbus a Milano e la progettazione degli interni del Palazzo del Bo dell'Università di Padova, famoso per il suo affresco monumentale sulla scala che porta al rettorato.

Nel 1950 Gio Ponti raggiunge l'apice della sua carriera di architetto vincendo l'incarico di progettare il Grattacielo Pirelli, il secondo grattacielo di Milano e il più alto d'Europa dell'epoca. La collaborazione con i famosi ingegneri Pier Luigi Nervi e Arturo Danusso, la cui consulenza tecnica gli permise di sperimentare ulteriormente l'uso del calcestruzzo e di materiali inaspettati. Mentre il grattacielo Pirelli attirava l'attenzione di tutto il mondo come il suo capolavoro universalmente riconosciuto, nello studio di Ponti arrivarono commissioni internazionali che dominarono la sua attività per il resto degli anni Sessanta e Settanta. Tra gli altri, il suo lavoro raggiunse il Venezuela, Hong Kong e nel 1971 il Denver Art Museum. Tra il 1960 e il 1962 Ponti progettò e realizzò il primo hotel di design italiano, il Parco dei Principi di Sorrento. Gli ultimi anni di attività lo vedono ancora più alla ricerca di trasparenza e leggerezza, evolvendo il suo approccio alla progettazione di facciate con forme geometriche e motivi traforati, lontano dal razionalismo e dal modernismo degli esordi.

Pur viaggiando in tutto il mondo per i suoi incarichi di architetto, Gio Ponti ha sempre voluto mantenere la sua attività di designer industriale, di prodotto e di interni. La sua prima collaborazione con Richard Ginori gli ha dato l'opportunità di lavorare a stretto contatto con l'intera catena di produzione e realizzazione del singolo prodotto, dalle prime fasi di progettazione al pezzo finale pronto per la distribuzione. Lavorando a stretto contatto con i migliori designer italiani dell'epoca, rivoluzionò completamente l'intera produzione dell'azienda, a partire dal rinnovamento del repertorio iconografico basato sulla tradizione classica, per poi razionalizzare l'intera filiera produttiva, con la sua visione di integrare gli standard industriali al processo di produzione senza comprometterne gli elevati standard artigianali.

Questo lavoro fu eccezionalmente rilevante non solo per i premi vinti a Parigi per i suoi progetti ceramici, ma perché Ponti contribuì ad alzare il livello delle arti decorative italiane modernizzando i processi progettuali e artigianali dell'intero settore. Il suo coinvolgimento con la Biennale di Monza e la Triennale di Milano fin dai primi anni Venti lo spinse a esplorare ulteriormente il suo ruolo di designer industriale.

L'elemento più resistente non è il legno, non è la pietra, non è l'acciaio, non è il vetro. L'elemento più resistente in edilizia è l'arte. Creiamo qualcosa di molto bello.

In questi anni ha stretto numerose collaborazioni con diverse aziende manifatturiere, come l'azienda di argenteria Christofle e la vetreria Venini. Fonda il gruppo Labirinto con l'obiettivo di progettare mobili unici realizzati con materiali di lusso, insieme a colleghi importanti come Paolo Venini e Tomasi Buzzi, tra gli altri. Contemporaneamente, insieme a Emilio Lancia, progettò un'altra linea di mobili con il nome di Domus Nova, caratterizzata da pezzi dalle linee semplici e pulite, venduti presso il prestigioso grande magazzino milanese La Rinascente. Questa è l'essenza di Gio Ponti come industrial designer: prodotti eclettici con concetti quasi opposti, da progetti su misura e unici a prodotti d'avanguardia e in qualche modo essenziali, che rappresentano la sua esigenza di rafforzare il legame tra industria e design.

Negli anni Trenta diventa anche direttore artistico di FontanaArte, un marchio che diventerà quasi subito un'istituzione nel mondo del design, per il quale crea l'ormai iconica Lampada Bilia e dove sperimenta nuovamente la lavorazione del vetro, degli specchi e dei cristalli, insieme ai mobili classici italiani.

Nel corso della sua evoluzione come designer, instaura una proficua collaborazione con il famoso decoratore Piero Fornasetti: giocando ancora con la lavorazione della ceramica, Gio Ponti progetta vasi, piatti e piani d'appoggio con l'influenza dello stile decorativo e fantastico di Fornasetti; insieme, collaborano a numerosi progetti per due decenni, tra cui il Palazzo del Bo a Padova. Questa tendenza a lasciare che il suo stile sia contaminato da altri artisti continuò fino agli anni Quaranta e Cinquanta: alcune collaborazioni degne di nota includono pannelli smaltati e oggetti decorativi con Paolo De Poli, vetri con la manifattura Venini, pezzi con il ceramista Pietro Melandri e altro ancora.

L'inizio degli anni Cinquanta segna l'affermazione di Gio Ponti come designer di prodotti industriali, con l'obiettivo di coniugare la sua estetica artistica con le esigenze funzionali: dapprima progettando la nuova macchina per caffè espresso per La Pavoni e la macchina da cucire Visetta per l'azienda Visa, passa poi a componenti d'arredo come posate per Christofle e Krupp Italiana, maniglie per porte per Olivari e sanitari in ceramica per l'azienda internazionale Ideal Standard.

In questo periodo ha progettato una delle sue creazioni più iconiche: la sua prolifica collaborazione con il marchio di mobili Cassina ha visto l'invenzione delle due sedie Leggera e Superleggera, due modelli rivoluzionari che vengono prodotti ancora oggi. Partendo da un modello di sedia tradizionale trovato nel villaggio di Chiavari, in Liguria, Gio Ponti affrontò il processo di progettazione con lo stesso atteggiamento che spesso aveva con i suoi progetti architettonici influenzati dal Razionalismo e dal Modernismo: spogliando la sedia di ogni peso, forma e materiale superfluo, ridusse gli elementi alla sola struttura del prodotto, culminando in una sedia minimalista e altamente funzionale che pesava solo 1,7 kg, pur essendo incredibilmente resistente e durevole.

I suoi mobili e le sue sedie sono ricercati dalle più importanti aziende manifatturiere, e la sua vasta produzione inizia a espandersi in nuove iniziative come armadi e credenze per Singer & Sons e la famosa poltrona Dezza per Poltrona Frau; è difficile trovare un campo in cui Gio Ponti non sia stato coinvolto in quegli anni, parallelamente alla sua attività di architetto, e in qualche modo ogni pezzo sembra sempre estremamente rilevante, innovativo, ben pensato e indimenticabile.

Negli anni Sessanta, Gio Ponti aveva definitivamente annullato i confini tra le sue diverse occupazioni, e la sua carriera culminò nella progettazione architettonica e degli interni dei primi hotel di design in Italia: prima con l'Hotel Parco dei Principi di Sorrento e poi con l'Hotel Parco dei Principi di Roma, si occupò di progettare interni straordinariamente moderni in collaborazione con alcuni dei più stimati designer dell'epoca come Fausto Melotti e Ico Parisi. Le repliche esatte delle maioliche disegnate nel 1960 da Gio Ponti per l'Hotel Parco dei Principi di Sorrento sono prodotte ancora oggi in bellissime piastrelle.

Negli ultimi anni della sua vita, durante gli anni Settanta, fu ancora coinvolto in grandi progetti come la Cattedrale di Taranto e il Denver Art Museum.

I suoi mobili e le sue sedie sono ricercati dalle più importanti aziende manifatturiere, e la sua vasta produzione inizia a espandersi in nuove iniziative come armadi e credenze per Singer & Sons e la famosa poltrona Dezza per Poltrona Frau; è difficile trovare un campo in cui Gio Ponti non sia stato coinvolto in quegli anni, parallelamente alla sua attività di architetto, e in qualche modo ogni pezzo sembra sempre estremamente rilevante, innovativo, ben pensato e indimenticabile.

Negli anni Sessanta, Gio Ponti aveva definitivamente annullato i confini tra le sue diverse occupazioni, e la sua carriera culminò nella progettazione architettonica e degli interni dei primi hotel di design in Italia: prima con l'Hotel Parco dei Principi di Sorrento e poi con l'Hotel Parco dei Principi di Roma, si occupò di progettare interni straordinariamente moderni in collaborazione con alcuni dei più stimati designer dell'epoca come Fausto Melotti e Ico Parisi. Le repliche esatte delle maioliche disegnate nel 1960 da Gio Ponti per l'Hotel Parco dei Principi di Sorrento sono prodotte ancora oggi in bellissime piastrelle.

Negli ultimi anni della sua vita, durante gli anni Settanta, fu ancora coinvolto in grandi progetti come la Cattedrale di Taranto e il Denver Art Museum.

Se si guarda alla sua vita, è difficile cercare di definire lo stile di Gio Ponti. I primi anni trascorsi a Milano con l'influenza neoclassica si sono poi trasformati in una tendenza a seguire le rigide regole del Razionalismo e del Modernismo, mentre gli ultimi anni hanno visto la sua evoluzione come architetto innovativo, impegnato in una ricerca più personale di stile e materiali.

Innovare e trasmettere le sue conoscenze sono sempre state due sue prerogative: il suo ruolo nel comitato direttivo della Biennale di Monza, che poi trasferì a Milano e ribattezzò Triennale, contribuì fortemente a far conoscere al pubblico italiano movimenti e architetti moderni come il Modernismo e Le Corbusier. Dal 1936 al 1961 lavorò come insegnante e docente al Politecnico di Milano, la stessa università in cui si era laureato anni prima, e la sua attività editoriale come fondatore della rivista Domus prima e Stile poi lo aveva posto nella posizione di vero conoscitore del design e dell'architettura.

Nel 1975 pubblica Amate l'architettura, raccogliendo il suo punto di vista definitivo sulla forma finita: la dimensione finale di qualsiasi opera architettonica o di design doveva essere "semplice, leggera, che non ammettesse possibilità di estensione, aggiunta, ripetizione o sovrapposizione". Questa definizione, essenziale e potente, riassume perfettamente la visione di Gio Ponti e funge da fil rouge per la sua produzione incredibilmente varia nel corso degli anni.

Passeggiando per Milano, dalle case di via Randaccio al quartiere di Brera e Lambrate, passando per la Chiesa Evangelica di San Luca e ammirando dalla strada il maestoso Grattacielo Pirelli, è facile immaginare come la visione di un maestro dell'arte così influente si sia diffusa dalla città italiana in tutto il mondo; contaminando ogni commissione con il suo vero spirito milanese, l'eredità di Gio Ponti come prolifico architetto e designer plasma ancora oggi il modo in cui vediamo e viviamo il mondo che ci circonda.

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