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Memphis Again: Cinque anni di storia del design alla Triennale di Milano

Questa settimana, Memphis e Triennale Milano presentano "Memphis Again": una mostra curata da Christoph Radl, che espone gli oggetti più iconici del marchio realizzati tra il 1981 e il 1986. Un'occhiata ai pezzi che hanno fatto la storia del design, come parte di un movimento culturale che ha segnato l'inizio di una nuova era artistica.

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Memphis è nato da un'impellente esigenza di libertà e rivoluzione, concentrandosi sul processo artistico che sta alla base del design. Il suo obiettivo, oggi come allora, è quello di indirizzare l'attenzione sulle possibilità espressive e culturali di un design che va oltre il marketing. La mostra Memphis Again offre un focus speciale su questo movimento culturale, celebrando il mondo del design italiano libero dalle convenzioni consolidate.

Memphis era una vacanza dal funzionalismo.

Aldo Cibic

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La mostra è ben lontana dall'essere un mero omaggio o una storicizzazione, la sua personalità risiede nel fertile immaginario che ha caratterizzato il progetto Memphis fin dalla sua fondazione. Gli oggetti saranno esposti in ordine cronologico nella galleria "Curva", lunga più di 100 metri, proprio come una sfilata di moda in cui l'osservatore sarà colui che si muove lungo la passerella in uno spazio che, grazie agli arredi e alla musica di Seth Troxler, sembra una discoteca.

Lungo il percorso immersivo della mostra sono espostipezzi dei più grandi esponenti del design radicale come Ettore Sottsass, Michele De Lucchi, Andrea Branzi, Matteo Thun, Aldo Cibic, Nathalie Du Pasquier e altri ancora. Ogni oggetto veste i panni di un attore silenzioso, emblema di quel movimento culturale che ha riscritto le regole del design italiano e internazionale, attraversando le epoche e costruendo un ponte colorato tra passato presente e futuro.


Il fatto è che non abbiamo più paura: Intendo la paura di dover rappresentare o non rappresentare qualcosa o qualcuno, élite o derelitti, tradizioni o cafonaggine. Non abbiamo più paura di quello che ci manda il passato né di quello che ci manda il futuro più aggressivo.

Ettore Sottsass

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