
Vaso Limone in Terracotta
1040 EUR
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Radicata nella serenità alpina di Chiavenna e plasmata da una devozione all'arte visiva che dura da una vita, Elena Milani è un'artista della ceramica il cui lavoro evoca i ritmi profondi della natura e la quiete filosofica dell'estetica orientale. Traendo ispirazione da forme organiche, materiali ancestrali e dall'influenza poetica del danzatore Butō Masaki Iwana, le creazioni di Milani sono esplorazioni meditative di essenza, fragilità e presenza. Dalle mostre prestigiose alle installazioni permanenti, i suoi vasi di ceramica sono un ponte tra arte e vita, silenzio e sostanza, offrendo un dialogo tattile tra l'umanità e il mondo naturale.
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Elena Milani, nata nel 1981 in una cittadina ai piedi delle Alpi Orobiche, vive e lavora a Chiavenna, in provincia di Sondrio.
Fin da piccola ha dimostrato un profondo interesse per le arti visive. Ha perseguito questa passione iscrivendosi a scuole d'arte, frequentando prima un liceo artistico e poi diplomandosi con lode in Scenografia all'Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Dopo gli studi, segue un corso di formazione professionale in grafica multimediale e inizia a lavorare come grafica.
Insoddisfatta dell'ambiente professionale e sociale, che trovava creativamente limitante, ha scelto di mettersi in proprio e di lavorare autonomamente come decoratrice e artista.
Nel 2018 ha scoperto la ceramica, quasi per caso, ed è stato amore a prima vista. Da quel momento ha deciso di investire completamente nella sua carriera artistica come ceramista, studiando sotto la guida di diversi importanti artisti italiani della ceramica per affinare le sue tecniche e approfondire la sua conoscenza dei materiali ceramici.
Nel corso degli anni, molte figure hanno influenzato il suo lavoro, in particolare Masaki Iwana, rinomato danzatore giapponese di Butō, la cui filosofia ed estetica hanno profondamente influenzato la sua sensibilità artistica, in particolare il suo apprezzamento per l'arte orientale. Da Iwana, Elena ha assorbito un profondo rispetto per il mondo naturale, un'affinità per l'essenzialismo e un abbraccio poetico del vuoto come presenza, quello che lui chiamava "l'intensità del nulla".

Osservare la natura rivela mondi immensi negli spazi più piccoli. È così che la mia curiosità viene alimentata dalle forme incredibilmente diverse che scopro. La biodiversità è ricca e complessa. Disegnare queste forme, studiare le loro strutture tridimensionali, diventa una fonte di scoperte quotidiane, grandi e piccole.
Dal 2003 Elena Milani ha esposto in numerose mostre personali e collettive, tra cui quelle al Museo Ken Damy di Brescia, al Festival Internazionale di Fotografia di Quito (Ecuador), a Officina Fotografica di Milano e alla Casa del Pellegrino di Civate (Lecco). Una sua opera di land art è stata esposta a EXPO Milano 2015.
Più recentemente, ha partecipato a importanti eventi come il Cersaie, Salone Internazionale della Ceramica per l'Architettura e dell'Arredobagno di Bologna, il Salone dell'Alto Artigianato Italiano all'Arsenale di Venezia e il Salone del Mobile di Milano. Nel 2025 ha partecipato a Doppia Firma, un progetto della Fondazione Cologni per l'eccellenza artigianale, durante il Fuorisalone.
Una sua opera è ora installata in modo permanente presso la Fondazione Giacometti in Bregaglia, Svizzera.

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Per me studiare una forma significa arrivare alla sua essenza. Cosa deve rimanere di quella forma affinché venga evocata l'essenza di ciò che voglio trasmettere? Cosa è superfluo? Cosa non è necessario? Cosa può essere eliminato?
Per Elena Milani, l'atto di creare inizia nel silenzio. Che si tratti di lavoro o di riposo, cerca momenti di quiete, spazi che la riconducono al giardino che ha plasmato come suo rifugio personale. È lì, tra forme naturali mutevoli e senza tempo, che si radica il suo processo artistico. Da questo sguardo attento nascono le sue ceramiche: vasi modellati dalla biodiversità, dalla curiosità e dal desiderio di sentirsi parte di qualcosa di più antico e più grande delle costruzioni umane.
L'approccio di Milani è quello della sottrazione. In questa disciplina, il materiale diventa protagonista. Forma, spessore, linea e texture si bilanciano in modo precario e ciò che è assente diventa significativo quanto ciò che è presente.


Tra le sue collezioni più intime c'è TERRE (2023), concepita durante una grave siccità. Quando il suo giardino è appassito e gli alberi sono morti, Milani ha sperimentato in prima persona la fragilità dell'ecosistema. La serie parla di quella perdita: vasi in argilla scura, spaccati prima dell'essiccazione, le cui metà si deformano e non combaciano più. Le lacune si formano e si colmano maldestramente con graffette d'acciaio in un atto di riparazione simbolico e imperfetto. Le loro superfici, strutturate con ceramica frantumata, ricordano la pelle secca e vibrante della terra. Eppure, quando vengono riempite di fiori freschi, queste forme rotte respirano di nuovo con la vita, proprio come un campo in primavera.
Attraverso ogni opera, Elena Milani ci invita a una tranquilla conversazione: quella tra l'umano e il naturale, il rotto e il sacro, il visibile e ciò che sta sotto.

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